Il Monte Arci è situato nella Sardegna centro-occidentale, nell’entroterra del Golfo di Oristano; ha una forma approssimativamente ellittica, allungata in direzione nord-sud, con l’asse maggiore che misura una trentina di chilometri e quello minore circa sette. L’elevazione massima è raggiunta a quota 812 m s.l.m. in corrispondenza del neck (antico condotto vulcanico) di Trebina Longa. Il Parco Geominerario del Monte Arci interessa una superficie di circa 270 Kmq, pari al 7% dell’estensione complessiva delle aree comprese nel Parco Geominerario della Sardegna.
Il primo distretto minerario della Sardegna viene attivato all'inizio del VI millennio a.C. quando piccole comunità, approdate nell'Isola al seguito della colonizzazione neolitica, scoprono e utilizzano l'ossidiana del Monte Arci. Questa roccia vitrea, per lo più nera, a frattura rilucente e concoide, di origine vulcanica, era particolarmente ricercata dagli uomini dell'"età pre-metallurgica" come materia prima per la produzione di armi e strumenti. Il Monte Arci costituiva, insieme a Palmarola, Lipari e Pantelleria, uno dei rari luoghi di estrazione esistenti nell’area Mediterranea. Oggi sono conosciuti 10 centri di raccolta, 72 centri di lavorazione localizzati presso gli affioramenti, e circa 200 stazioni preistoriche, diffuse in tutta la Sardegna, ben riconoscibili per l’abbondanza di frammenti e schegge di ossidiana, residui della lavorazione.
Un fiorente commercio di quello che viene definito l’oro nero dell’antichità porta alla nascita di centri di raccolta e officine litiche dai quali il materiale, grezzo o già lavorato, viene trasferito non solo in tutta la Sardegna ma anche nella vicina Corsica, in Toscana, in Liguria e nel Mezzogiorno francese, regioni tutte prive di questa importante risorsa.