Miniera di Sos Enattos

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Si dice che sia stato un pastore di Lula di nome Evaristo Mureddu ad avere rintracciato, alle falde del monte Albo, le tracce delle vecchie coltivazioni piombifere dei romani e d'averne dato notizia ad alcuni ricercatori che battevano quei luoghi che già il La Marmora aveva segnalato come interessati da importanti mineralizzazioni. Saranno quindi i fratelli Paganelli ad ottenere nel 1864 la concessione, trovandosi come soci i signori Guerrieri e Accade. Questi quattro soci saranno quindi gli iniziatori delle attività industriali a Sos Enattos. La loro presenza sarà peraltro breve giacché dopo una decina d'anni cederanno i loro diritti ad una signora - Raimonda Angioni vedova Sancio - che farà, comunque da passacarte per nuovi concessionari guidati da un esperto ingegnere minerario, l'ingegner Emilio Jacob.

Si darà così inizio a dei razionali lavori minerari con un notevole progresso nelle produzioni e, soprattutto, con la messa in luce di nuovi interessanti filoni, assai ricchi in piombo e argento.
Ma anche questa miniera, con i suoi lenti ritorni dagli investimenti e la conseguente necessità di dover disporre di notevoli capitali, farà sì che Jacob dovette lasciare il passo, nel 1905, alla "Malfidano", la società francese che va sfruttando le calamine del salto di Gessa. Anche qui è la blenda (cioè un minerale di zinco) ad abbondare ed è quindi questa la ragione che motiverà nuovi interessi. Fra i quali emergeranno quelli della "Pertusola" che, a metà degni anni '30, ne acquisirà la concessione. Gli anni della guerra (quella del 1940-45) vedranno la cessazione dei lavori e, insieme, l'abbandono di ogni interesse su questa miniera.

Bisognerà attende il 1952 perché ci sia una nuova richiesta di concessione per lo sfruttamento: lo presenterà la "Montecatini" a nome di una neo-costituita società: la RI.MI.SA. Ricerche Minerarie Sarde spa". Dopo avere effettuata una vasta campagna di ricerca, la nuova concessionaria finanzierà un profondo rinnovamento degli impianti, in modo che possano allinearsi sui valori delle produzioni stimate in circa 500 tonnellate/giorno di grezzi.

A metà degli anni '60 i primi segnali di crisi avrebbero ridimensionato i programmi, avanzando contatti con la Regione Sarda perché intervenisse a salvaguardare l'occupazione: così nel 1971 l'intero capitale della RI.MI.SA. passerà dalla "Monteponi-Montevecchio spa" all'Ente Minerario Sardo. Dopo anni di difficoltà gestionali, la chiusura definitiva della miniera avverrà nel 1997.