Miniera di Serbariu

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Questa importante miniera è legata alla grande ed avventurosa impresa carbonifera, messa in moto dal governo guidato da Mussolini, per dare all'Italia l'indipendenza energetica, allorché fu stretta dalle sanzioni economiche inflitte nel 1936 dalla Società delle Nazioni, all'indomani della guerra etiopica. Fu allora che il carbone di Bacu Abis fu ribattezzato carbonsulcis, "il carbone nazionale dell'Italia fascista", come recitavano gli slogan del tempo.

Serbarla fu allora la "grande miniera" di quello straordinario sforzo organizzativo e produttivo che avrebbe portato le produzioni a dei numeri impensabili solo pochi mesi addietro (dai giacimenti del Sulcis nel solo 1941 sarebbero state estratte oltre un milione e 200 mila tonnellate di minerale).

In effetti il progetto produttivo messo in atto dalla "Società Mineraria Carbonifero Sarda" (costituita nel 1934 e controllata dall'Azienda Carboni Italiani ACal, presieduta dal dottor Guido Segre) dovrà essere ricordato come una delle più straordinarie imprese industriali compiute, nel Novecento europeo, nel settore minerario. Nel 1937, al termine di una vasta ed organica campagna di ricerche a vasto raggio, veniva individuato proprio il vasto giacimento di Serbariu. La concessione di sfruttamento, datata 1939, avrebbe posto inizio ad un vasto impegno di investimenti. Così già undici mesi dopo, la miniera sarebbe entrata a regime, con l'avvenuto completamento degli impianti, sia nel sottosuolo che in superficie, con l'occupazione di quasi 5.750 addetti e con il raggiungimento di risultati tecnici e tecnologici che destarono ammirazione ovunque (la produzione mensile in quel 1940 avrebbe superato le 45 mila tonnellate!). Serbariu divenne quindi, in quei primi anni '40, la miniera di punta della "Carbonifera Sarda", in parte per la consistenza del giacimento e non secondariamente, per la vicinanza con il porto di Sant'Antioco che veniva raggiunto da un tronco ferroviario appositamente costruito.

La guerra ed il dopoguerra risultarono assai pesanti per questo settore "autarchico", ed in particolare per questa miniera che, pur continuando a produrre con quantità elevate, subirà pesantemente la concorrenza estera che, a parità di calorie, offriva del carbone polacco a prezzi di circa la metà dei costi di Serbariu. Neppure la proposta di utilizzare il carbonsulcis per usi termoelettrici con la costruzione di una "grande centrale" a bocca di miniera risulterà capace di invertire il declino. Il passaggio all'ENEL a seguito della nazionalizzazione non avrebbe impedito che Serbariu dovesse chiudere i battenti a metà degli anni '70 del secolo scorso

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