
Nel
luglio 1932 avviava le attività la Fonderia di San Gavino Monreale, abitato
agricolo al centro della piana del Campidano. Il progetto dell’impianto, curato
dall’Ingegner Giovanni Rolandi, traeva origine da un accordo tra l’Ingegner Francesco
Sartori, amministratore delegato della “Monteponi” e l’Ingegner Domenico
Giordano amministratore delegato della “Montevecchio” per la costituzione della
“Società Italiana del Piombo”. Negli anni di massima produzione la fonderia dava
lavoro ad operai provenienti da tutta la Sardegna.
Caratterizzati
da un camino alto 108 metri, gli impianti divennero un elemento distintivo del
paesaggio. Uscito indenne dal secondo conflitto mondiale, nel dopoguerra lo
stabilimento si specializzò nella produzione di pallini da caccia apprezzati in
tutto il mondo.
Nel
1947 venivano consegnate le prime moderne abitazioni destinate agli operai
raggruppate nel “Villaggio Sartori”, agglomerato dotato di scuole, mensa e
perfino di un campo da tennis.
Nel 1975 la storica ciminiera crollava improvvisamente causando una riduzione delle lavorazioni e dando inizio ad un lungo periodo di crisi. Le attività sono riprese nel 2013 con l’impiego di oltre cento dipendenti addetti alla produzione del piombo e alla lavorazione di lingotti in oro e argento. A causa dell’alto costo dell’energia, la fonderia ha oggi cessato la produzione di piombo e zinco.
Gli impianti della Fonderia di San Gavino negli anni 40 del secolo scorso (Arch. PGSAS)
Il Villaggio Sartori (Arch. PGSAS)
Il camino della fonderia. Era alto 108 metri. Collassò nel 1975 (Arch. PGSAS)