
La
coltivazione delle cave costiere di granito costituisce un aspetto
significativo della storia dell’arcipelago della Maddalena. Per via della
qualità e particolare bellezza, il granito gallurese è stato esportato in molte
parti del mondo. Il più mirabile esempio è rappresentato dalle rocce di colore
rosa bianco che un tempo si estraevano nella cava di Cala Francese, ubicata
nella parte meridionale dell'isola della Maddalena.
Risalgono
alla seconda metà dell’Ottocento le prime notizie di attività di scavo e
lavorazione del granito nella zona, utilizzato perlopiù per le costruzioni del
vicino abitato. Fu tuttavia dopo il
1887, con la nascita della piazzaforte maddalenina e la realizzazione di un
articolato sistema di forti e batterie navali che la produzione assunse dimensioni
rilevanti grazie alle considerevoli forniture commissionate dal Ministero della
Marina.
Dopo
il 1890, con l’imprenditore inglese Giorgio Bertlin il numero di commesse si
accrebbe notevolmente. Tra le forniture più importanti quelle per la
pavimentazione stradale di numerosi centri della Penisola, per la rifinitura di
importanti edifici pubblici e privati, per le strutture del Canale di Suez e
dei porti di Alessandria d'Egitto, Genova, Malta, Venezia e Taranto. Dopo la
morte del Bertlin, la cava fu rilevata dalla Società Esportazione Graniti Sardi
SEGIS dei Fratelli Mercenaro, Grondona ed altri soci.
Lo
sfruttamento del giacimento, cui erano impiegati decine di provetti
scalpellini, era facilitato dall'ampio fronte e dai banchi regolari. Un piccolo
approdo, dotato di un molo attrezzato, permetteva l'imbarco del materiale
lapideo su imbarcazioni da carico che facevano la spola con il porto di La
Maddalena. La cava presentava diverse zone di scavo con ampi piazzali destinati
alla sbozzatura e al taglio dei blocchi. Il materiale lavorato veniva
movimentato con l'ausilio di elevatori e di un breve ma efficiente sistema
ferroviario dotato di un locomotore a vapore. Poco lontano vi era un piccolo
villaggio operaio che accoglieva gli uffici della direzione, lo spaccio
aziendale, la scuola elementare, l’infermeria, i depositi, l’officina, il
ricovero della locomotiva e la forgia.
La cava, attiva fino agli anni 60 del secolo scorso, è oggi aperta al pubblico. È possibile visitare gli antichi impianti, la via ferrata, i macchinari, il trenino e le gru. I locali del borgo minerario ospitano il Museo Storico di Cala Francese che rievoca la storia delle attività estrattive e di coloro che per tanti anni le animarono.
La cava di granito di Cala Francese negli anni 10 del secolo scorso (Arch. PGSAS)
1928. Il molo che permetteva l'imbarco del materiale lapideo nelle imbarcazioni da carico (Arch. PGSAS)
Anni 20 del secolo scorso. L'imbarco di lastre di granito nella stiva di un veliero (Arch. PGSAS)
Il molo un tempo utilizzato per il carico del granito sulle imbarcazioni (Arch. PGSAS)
Un carrello e la gru utilizzati per la movimentazione del granito (Arch. PGSAS)
La locomotiva tedesca Arnold Jung Lokomotivfabrik GmbH, Jungsthal entrata in servizio nella cava nel 1925 (Arch. PGSAS)
Una veduta del Museo Storico della cava di Cala Francese
La Maddalena, Cala Gavetta 1926. Commemorazione garibaldina attorno alla Colonna Garibaldi. Il monumento fu realizzato nel 1907 in occasione del centenario della nascita dell’Eroe dei Due Mondi con il granito estratto nella cava maddalenina (Arch. PGSAS)